mercoledì 28 marzo 2018

I CARCIOFI ALL'INFERNO

Nella settimana di Pasqua, non poteva mancare una ricetta tipica della Liguria: i Carciofi all'Inferno, un semplicissimo contorno, adatto ad accompagnare le più disparate preparazioni di carne.
Un contorno leggero, cucinato con i carciofi di Albenga, perché privi di barba interna che le mie nonne da sempre preparano a Pasqua. 
In casa però è sorto un dubbio amletico, scaturito leggendo la ricetta di questi carciofi su un vecchio testo di cucina genovese: noi li stufiamo in tegame, il libro suggerisce di utilizzare il forno.
Voi come li fate?

carciofi genovesi


Ingredienti per 4 perone: 

  • 8 carciofi di Albenga
  • un grosso ciuffo di prezzemolo
  • 2 spicchi di aglio
  • vino bianco q.b.
  • olio extravergine d'oliva q.b.
  • sale q.b.

Pulite i carciofi, eliminate le foglie dure più esterne, quindi tagliatene la cima; dovrete lasciarli molto alti, circa 6-7 cm di foglia, assicuratevi di togliere le più coriacee. 
Eliminate i gambi, e tagliate piatto il fondo dei carciofi, così che possano rimanere in piedi in un tegame durante la cottura. 
Lasciate tutto a bagno in abbondante acqua acidulata con il succo di un limone. 
Tritate il prezzemolo finemente assieme agli spicchi d'aglio, mi raccomando eliminate l'anima a quest'ultimo. 
Riprendete i carciofi e, a uno a uno, scavateli al centro con le mani e allargate le foglie più esterne. Riempiteli con abbondate trito di aglio e prezzemolo. 
Prendete una casseruola e copritene il fondo con un filo d'olio extravergine d'oliva, aggiungete un centimetro d'acqua e mezzo bicchiere di vino bianco, quindi adagiate a testa all'insù i carciofi posizionandoli ben stretti in modo che rimangano in piedi. 
Spolverizzate con un pizzico di sale e cuocete a fuoco medio per circa 15 - 20 minuti, fintanto che i carciofi saranno teneri e che l'acqua su fondo tutta assorbita. 
Servite a piacere, caldi o freddi. 





































































lunedì 19 marzo 2018

PICCOLI FLAN DI MICCI (NAVONI) E SALSA ALLE ACCIUGHE

In genovese si chiamano micci o nauin. In italiano, semplicemnete navoni e sono una varietà di cavolo dalle foglie bluastre - verdi dei quali si usa consumare la radice che si presenta tozza e allungata.
I navoni ricordano vagamente una patata: hanno la buccia sottile e la loro "pasta" interna è gialla, il sapore delicato e pungente allo stesso tempo, a mio parere può forse ricordare quello dei topinambur passati nell'aglio.
Un ingrediente molto interessante e versatile per noi appassionati di cucina che purtroppo, facciamo molta fatica a reperire a causa della poca richiesta: l'altra sera mio suocero, appena li ha visti in cucina si è sentito mancare; gli hanno ricordato la guerra, - mia madre ne portava quintali a casa, ricordo ancora l'odore pungente che sentivo appena salite le scale, e poi li mangiavamo bolliti, con un po' di sale, ricavato ovviamente, facendo evaporare l'acqua del mare...-
Nel ponente genovese oramai sono rimasti solo due contadini a coltivare questi cavoli, nella valle Cerusa (alle spalle di Voltri per intenderci) quindi potrete immaginare la fatica che faccio a reperirli durante la stagione migliore per i navoni, ossia l'autunno e l'inverno.
Per celebrare i micci (navoni) in degna maniera, ho voluto adattare una ricetta del flan piemontese di cardi, "genovesizzandola" il più possibile!

micci

venerdì 16 marzo 2018

TAGLIATELLE DI CASTAGNE ALL'ANTICA E TANTO #ORGOGLIOPESTO

Benvenuti nella settimana più verde dell'anno!
Sopratutto qui in Liguria dove, dallo scorso lunedì 13 marzo sono cominciati i festeggiamenti e la raccolta firme per la candidatura a Patrimonio dell'Unesco del Pesto Genovese.
Cari lettori, parliamoci chiaro: lo è la pizza, perché non può esserlo anche la nostra amata "salsa"?
Una settimana densa di appuntamenti, tutti consultabili QUI, culminante sabato con "Il Campionato Mondiale del Pesto al Mortaio". 
E su questo blog, tornato online dopo qualche mese, voglio festeggiare questa settimana speciale con un piatto da #orgogliopesto che viene dall'entroterra genovese. 
Una volta, quando la farina di frumento era preziosa quanto l'oro e scarseggiava, si preparava la pasta fresca mescolandola con la farina di castagne, reperibile in quantità decisamente più abbondanti e assai più calorica. 
All'uso, quando magari terminavano pure le patate, si usava sostituirle con i cavoli navoni, dei quali vi parlerò nel prossimo post, condendo tutto con abbondante pesto e portando in tavola un ottimo piatto sostanzioso con quello che la campagna forniva.



Ingredienti per 4 persone

  • 150 g di farina di castagne 
  • 350 g di farina 1
  • un uovo 
  • poca acqua 
  • sale. 
Per condire
Pesto genovese (post vecchissimo per ottenere un pesto decente con il frullino)
Un piccolo cavolo navone 

Setacciate entrambe le farine sul piano di lavoro e disponetele a fontana. 
Rompetevi nel mezzo un uovo, aggiungete un bel pizzico di sale e cominciate a impastare aggiungendo pochissima acqua, tanta abbastanza da avere una pasta soda e compatta. 
Attenzione a non aggiungere troppo liquido, in cottura le tagliatelle si romperanno. 
Formate una palla e avvolgetela nella pellicola. Lasciate riposare tutto in frigorifero per almeno mezz'oretta. 
Nel frattempo pelate il navone e tagliatelo a cubetti non troppo grossi, lavate bene sotto l'acqua corrente e tenete da parte. 
Riprendete la pasta, ora avete due soluzioni:
1 - Utilizzando il mattarello, stendete la pasta dello spessore di 2 mm circa, poi arrotolatela su se stessa e, con il coltello, tagliate tante strisce regolari, così da ottenere tante tagliatelle. 
2 - Stendete la pasta con la classica Imperia, l'attrezzo universale delle nonne, non troppo sottile, mi raccomando: con la mia macchinetta, sono solita fermarmi a metà dei numeri dello spessore. Successivamente utilizzate il rullo per le tagliatelle. 
Scaldate abbondante acqua in una pentola capiente, salatela e, una volta che bolle, buttatevi i navoni a cubetti. 
Trascorsi 5 minuti, tuffate le tagliatelle e cuocetele, avendo cura di mantenere il bollore dell'acqua basso. 
Assaggiate per stabilire il vostro grado di cottura preferito, a noi piacciono al dente, quindi trasferite tutto in una capiente ciotola e condite con abbondate pesto. 

mercoledì 6 dicembre 2017

FRISCEU LIGURI E IL LIBRO LIEVITATI DI LIGURIA

I frisceu genovesi sono semplici frittelline di acqua, farina e lievito. 
Un classico della Liguria, il vero street food made in Genova. Tra i vicoli del capoluogo, specialmente in Sottoripa, resiste ancora La Friggitoria Carega, che ogni giorno, frigge quintalate di impasto per frisceu, condito anche con cipolline o lattuga. 
fonte www.sagep.it
In occasione delle prossime feste natalizie, mi sono voluta fare un piccolo regalo in anteprima: il libro Lievitati di Liguria, dolci e salati, delle mie amiche Ilaria e Valentina
Un libro davvero interessante, che racchiude tra le sue pagine l'essenza della cucina ligure, raccontando storie, aneddoti e leggende su ogni ricetta proposta. 
In questa piccola "bibbia" dei lievitati liguri, le ricette sono originali e, dove ve ne fosse il caso, rispettano addirittura l'indicazione del disciplinare; troverete la focaccia declinata in tutte le sue varianti, il pandolce, alto e basso, le olandesine, i chiffari e l'ottimo pane di Triora, ma anche quei prodotti tipici di alcuni paesini, sconosciuti ai più, come la galletta del marinaio, la revzora di Campoligure o la micchetta di Dolceacqua.
E a pagina 50 ho trovato una dimostrazione perfetta per riprodurre quelle famose frittelline, ovvero i frisceu, che hanno contraddistinto la mia infanzia: ad ogni festa di paese non poteva mancare il classico "banchetto" che "spacciava sacchettate" di bollenti fritti.
Frisceu per tutti i gusti: aperitivo e merenda, sono sempre ottimi!

martedì 5 dicembre 2017

GENOVA STORICA E GOLOSA: ALL'OPEN DAY DELLA CONFETTERIA PIETRO ROMANENGO FU STEFANO

www.romanengo.com
Sabato 2 Dicembre si è tenuto a Genova un evento davvero eccezionale e interessante: l'Open Day della fabbrica dell'Antica Confetteria Pietro Romanengo. 
Situata a pochi passi dalla Stazione Brignole, in Viale Mojon 1, la storia azienda di "confiseur - chocolatier" di Genova, ha aperto i battenti alla città, regalando un'esperienza unica e indimenticabile ai visitatori. 
Vestite di tutto punto: cappa, sovrascarpe e cuffietta, io, la Signora Pasticci e Figlio, ci siamo addentrati in una favola, un salto indietro nel passato, alla scoperta dei segreti e delle lavorazioni artigianali dell'antica arte dolciaria genovese. 
Non vi nascondo che mi sembrava di essere il piccolo Charlie Bucket, all'entrata della Fabbrica di Cioccolato di Willy Wonka: in un'unica struttura, 5 reparti, 5 grandi cucine, dove l'alchimia regna sovrana, profumi, antiche tecniche e altrettanto antichi macchinari, rendono la visita una piacevole rivelazione. 

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